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Le ragioni di un’Europa federale

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- L’Europa non è in crisi, bensì in punto di morte. Non si tratta, ovviamente, dell’Europa come territorio, bensì dell’Europa come idea di un tutt’uno. Sembra svanita l’idea che,  nazioni unite da un interesse e da valori condivisi, debbano operare insieme per raggiungere una meta comune. Dice Giuliano Amato: “Si è determinata una situazione del tutto nuova rispetto al passato. Quella che era un tempo l’ideale dei visionari alla Spinelli ora non è sentita come una necessità ineludibile e conveniente”.

Eppure, l’Italia avrebbe molto da guadagnare da un’eventuale appartenenza a un’Europa Federale. La ragione e l’esperienza storica dimostrano che soltanto il quadro europeo è in grado di garantire, in stretto legame con gli Stati Uniti, la stabilità e la sicurezza socio-economica dei popoli del Vecchio Mondo. Vi è inoltre il fatto che, mentre a Maastricht, vent’anni fa, si volle un Euro affidato al coordinamento delle politiche nazionali per salvaguardare le responsabilità dei singoli paesi europei, oggi sta accadendo esattamente il contrario: siamo molto meno liberi e sottoposti a numerose regole stringenti di natura fiscale.

Ciascun Paese europeo porta con sé i propri equilibri interni che sono molti diversi l’uno dall’altro, cosa che non sarebbe se si facesse parte di un sistema federale. Se si ancorasse l’Euro a un bilancio federale, esso non dipenderebbe più dai singoli Stati e la libertà di questi rimarrebbe intatta, nel senso che il fallimento di uno Stato non comporterebbe il danneggiamento di un altro.

Mentre prendono forza partiti e movimenti apertamente ostili all’idea europea, sorprende il silenzio dei giovani italiani, i quali hanno tratto innegabili vantaggi dalla nostra appartenenza all’Unione Europea. Le nuove generazioni, che hanno a disposizione strumenti come l’Erasmus e la mobilità intra-europea offerta dal trattato di Shengen, non possono assistere indifferenti di fronte all’enorme posta in gioco nell’ambito dei temi europei.

Gli Stati Uniti d’Europa sono indispensabili affinché l’Europa possa contare qualcosa in uno scenario che è profondamente mutato rispetto agli anni 80’ e 90’, in cui esistono,  ormai, giganti economici come Cina, Brasile, India, Indonesia e Corea del Sud, mentre arretra la leadership globale degli Stati Uniti. Dice ancora Giuliano Amato: “molte politiche di cui oggi si sente il bisogno per favorire la crescita- si tratti di energia, di telecomunicazioni, di innovazione o di difesa- sono perseguibili soltanto a livello europeo”.

Al momento, però, non sembrano esserci le capacità necessarie per raggiungere questo traguardo, sia a livello fiscale, sia di competenze in generale.

La campagna elettorale per il prossimo Parlamento europeo nel 2014 sarà un ottimo spunto per mettere maggiormente a fuoco gli obiettivi più urgenti e per far maturare negli italiani la consapevolezza che, senza un’Europa che ci sproni e ci imponga costantemente delle regole, saremmo abbandonati ai nostri vizi e alle nostre numerose inadeguatezze. In questo modo, continueremmo a essere un Paese che non cresce economicamente, che sperpera denaro pubblico in corruzione e clientelismo. E’ augurabile che nel frattempo possano invece realizzarsi dei passi avanti, compatibili ancora con gli attuali assetti, che portino verso una possibile costruzione federale.

L’idea federalista, già viva nel primo dopoguerra, continua ad attrarre politici ed intellettuali.

Nel 2012 Guy Verhofstadt e Daniel Cohn-Bendit, rispettivamente leader dei liberaldemocratici e dei verdi al Parlamento europeo, hanno presentato un libro scritto a quattro mani intitolato “Per l’Europa! Manifesto per una rivoluzione unitaria”. La tesi del libro sostiene che gli Stati nazionali non servono più a niente, perciò è ora di voltare pagina e inaugurare la federazione europea, ovvero gli Stati Uniti d’Europa. Dice Verhofstadt al quotidiano belga La libre Belgique: “Gli Stati nazionali hanno avuto un ruolo molto importante nella civilizzazione europea ma adesso sono superati. L’Europa federale è il cammino per proteggere la nostra sovranità e preservare il nostro modello sociale in un mondo dominato da imperi come Usa, Cina, India, Russia e Brasile”.

Insomma, non abbiamo più scelta. Una volta si diceva: o socialismo o barbarie. Oggi bisognerebbe dire: unione politica o barbarie. O meglio: federalismo o disgregazione, e sulla scia, regressione sociale, precarietà, esplosione della disoccupazione, miseria. Meglio ancora: o l’Europa fa un passo in più, ma decisivo, oppure esce dalla Storia e sprofonda nel caos.


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